Autoritratto(la notte)

Autoritratto(la notte)

ADD this

Bookmark and Share

LA VITA è UN'OPERA DI TEATRO CHE NON HA PROVE INIZIALI...
QUINDI, CANTA, RIDI, BALLA, AMA, PIANGI E VIVI INTENSAMENTE OGNI MOMENTO DELLA TUA VITA...
PRIMA CHE CALI IL SIPARIO E L'OPERA FINISCA SENZA APPLAUSI.


CHARLIE CHAPLIN




24 set 2008

nel mio piccolo

Saviano, lettera a Gomorra
tra killer e omertà

di ROBERTO SAVIANO


... Com'è possibile? Mi chiedo: ma questa terra come si vede, come si rappresenta
a se stessa, come si immagina? Come ve la immaginate voi la vostra terra, il vostro paese? Come vi
sentite quando andate al lavoro, passeggiate, fate l'amore? Vi ponete il problema, o vi basta dire,
"così è sempre stato e sempre sarà così"?
Davvero vi basta credere che nulla di ciò che accade dipende dal vostro impegno o dalla vostra
indignazione? Che in fondo tutti hanno di che campare e quindi tanto vale vivere la propria vita
quotidiana e nient'altro. Vi bastano queste risposte per farvi andare avanti? Vi basta dire "non
faccio niente di male, sono una persona onesta" per farvi sentire innocenti? Lasciarvi passare le
notizie sulla pelle e sull'anima. Tanto è sempre stato così, o no? O delegare ad associazioni,
chiesa, militanti, giornalisti e altri il compito di denunciare vi rende tranquilli? Di una tranquillità che
vi fa andare a letto magari non felici ma in pace? Vi basta veramente?
...
... Chiedo di nuovo alla mia terra che immagine abbia di sé. Lo chiedo anche a tutte quelle
associazioni di donne e uomini che in grande silenzio qui lavorano e si impegnano. A quei pochi
politici che riescono a rimanere credibili, che resistono alle tentazioni della collusione o della
rinuncia a combattere il potere dei clan. A tutti coloro che fanno bene il loro lavoro, a tutti coloro
che cercano di vivere onestamente, come in qualsiasi altra parte del mondo. A tutte queste
persone. Che sono sempre di più, ma sono sempre più sole.
Come vi immaginate questa terra? Se è vero, come disse Danilo Dolci, che ciascuno cresce solo se
è sognato, voi come ve li sognate questi luoghi? Non c'è stata mai così tanta attenzione rivolta alle
vostre terre e quel che vi è avvenuto e vi avviene. Eppure non sembra cambiato molto. I due boss
che comandano continuano a comandare e ad essere liberi. Antonio Iovine e Michele Zagaria.
Dodici anni di latitanza. Anche di loro si sa dove sono. Il primo è a San Cipriano d'Aversa, il
secondo a Casapesenna. In un territorio grande come un fazzoletto di terra, possibile che non si
riesca a scovarli?
È storia antica quella dei latitanti ricercati in tutto il mondo e poi trovati proprio a casa loro. Ma è
storia nuova che ormai ne abbiano parlato più e più volte giornali e tv, che politici di ogni colore
abbiano promesso che li faranno arrestare. Ma intanto il tempo passa e nulla accade. E sono lì.
Passeggiano, parlano, incontrano persone.
Ho visto che nella mia terra sono comparse scritte contro di me. Saviano merda. Saviano verme. E
un'enorme bara con il mio nome. E poi insulti, continue denigrazioni a partire dalla più ricorrente e
banale: "Quello s'è fatto i soldi". Col mio lavoro di scrittore adesso riesco a vivere e, per fortuna,
pagarmi gli avvocati. E loro? Loro che comandano imperi economici e si fanno costruire ville
faraoniche in paesi dove non ci sono nemmeno le strade asfaltate?
Loro che per lo smaltimento di rifiuti tossici sono riusciti in una sola operazione a incassare sino a
500 milioni di euro e hanno imbottito la nostra terra di veleni al punto tale di far lievitare fino al 24%
certi tumori, e le malformazioni congenite fino all'84% per cento? Soldi veri che generano, secondo
l'Osservatorio epidemiologico campano, una media di 7.172,5 morti per tumore all'anno in
Campania. E ad arricchirsi sulle disgrazie di questa terra sarei io con le mie parole, o i carabinieri e
i magistrati, i cronisti e tutti gli altri che con libri o film o in ogni altro modo continuano a
denunciare? Com'è possibile che si crei un tale capovolgimento di prospettive? Com'è possibile che
anche persone oneste si uniscano a questo coro? Pur conoscendo la mia terra, di fronte a tutto
questo io rimango incredulo e sgomento e anche ferito al punto che fatico a trovare la mia voce.
Perché il dolore porta ad ammutolire, perché l'ostilità porta a non sapere a chi parlare. E allora a
chi devo rivolgermi, che cosa dico? Come faccio a dire alla mia terra di smettere di essere
schiacciata tra l'arroganza dei forti e la codardia dei deboli? Oggi qui in questa stanza dove sono,
ospite di chi mi protegge, è il mio compleanno. Penso a tutti i compleanni passati così, da quando
ho la scorta, un po' nervoso, un po' triste e soprattutto solo.
Penso che non potrò mai più passarne uno normale nella mia terra, che non potrò mai più metterci
piede. Rimpiango come un malato senza speranze tutti i compleanni trascurati, snobbati perché è
solo una data qualsiasi, e un altro anno ce ne sarà uno uguale. Ormai si è aperta una voragine nel
tempo e nello spazio, una ferita che non potrà mai rimarginarsi. E penso pure e soprattutto a chi
vive la mia stessa condizione e non ha come me il privilegio di scriverne e parlare a molti.
Penso ad altri amici sotto scorta, Raffaele, Rosaria, Lirio, Tano, penso a Carmelina, la maestra di
Mondragone che aveva denunciato il killer di un camorrista e che da allora vive sotto protezione,
lontana, sola. Lasciata dal fidanzato che doveva sposare, giudicata dagli amici che si sentono
schiacciati dal suo coraggio e dalla loro mediocrità. Perché non c'era stata solidarietà per il suo
gesto, anzi, ci sono state critiche e abbandono. Lei ha solo seguito un richiamo della sua coscienza
e ha dovuto barcamenarsi con il magro stipendio che le dà lo stato.
Cos'ha fatto Carmelina, cos'hanno fatto altri come lei per avere la vita distrutta e sradicata, mentre i
boss latitanti continuano a poter vivere protetti e rispettati nelle loro terre? E chiedo alla mia terra:
che cosa ci rimane? Ditemelo. Galleggiare? Far finta di niente? Calpestare scale di ospedali lavate
da cooperative di pulizie loro, ricevere nei serbatoi la benzina spillata da pompe di benzina loro?
Vivere in case costruite da loro, bere il caffè della marca imposta da loro (ogni marca di caffè per
essere venduta nei bar deve avere l'autorizzazione dei clan), cucinare nelle loro pentole (il clan
Tavoletta gestiva produzione e vendita delle marche più prestigiose di pentole)?
Mangiare il loro pane, la loro mozzarella, i loro ortaggi? Votare i loro politici che riescono, come
dichiarano i pentiti, ad arrivare alle più alte cariche nazionali? Lavorare nei loro centri commerciali,
costruiti per creare posti di lavoro e sudditanza dovuta al posto di lavoro, ma intanto non c'è
perdita, perché gran parte dei negozi sono loro? Siete fieri di vivere nel territorio con i più grandi
centri commerciali del mondo e insieme uno dei più alti tassi di povertà? Passare il tempo nei locali
gestiti o autorizzati da loro? Sedervi al bar vicino ai loro figli, i figli dei loro avvocati, dei loro colletti
bianchi? E trovarli simpatici e innocenti, tutto sommato persone gradevoli, perché loro in fondo
sono solo ragazzi, che colpa hanno dei loro padri.
E infatti non si tratta di stabilire colpe, ma di smettere di accettare e di subire sempre, smettere di
pensare che almeno c'è ordine, che almeno c'è lavoro, e che basta non grattare, non alzare il velo,
continuare ad andare avanti per la propria strada. Che basta fare questo e nella nostra terra si è
già nel migliore dei mondi possibili, o magari no, ma nell'unico mondo possibile sicuramente.
Quanto ancora dobbiamo aspettare? Quanto ancora dobbiamo vedere i migliori emigrare e i
rassegnati rimanere? Siete davvero sicuri che vada bene così? Che le serate che passate a
corteggiarvi, a ridere, a litigare, a maledire il puzzo dei rifiuti bruciati, a scambiarvi quattro
chiacchiere, possano bastare? Voi volete una vita semplice, normale, fatta di piccole cose, mentre
intorno a voi c'è una guerra vera, mentre chi non subisce e denuncia e parla perde ogni cosa.
Come abbiamo fatto a divenire così ciechi? Così asserviti e rassegnati, così piegati? Come è
possibile che solo gli ultimi degli ultimi, gli africani di Castel Volturno che subiscono lo sfruttamento
e la violenza dei clan italiani e di altri africani, abbiano saputo una volta tirare fuori più rabbia che
paura e rassegnazione? Non posso credere che un sud così ricco di talenti e forze possa davvero
accontentarsi solo di questo.
La Calabria ha il Pil più basso d'Italia ma "Cosa Nuova", ossia la ?ndrangheta, fattura quanto e più
di una intera manovra finanziaria italiana. Alitalia sarà in crisi, ma a Grazzanise, in un territorio
marcio di camorra, si sta per costruire il più grande aeroporto italiano, il più vasto del Mediterraneo.
Una terra condannata a far circolare enormi capitali senza avere uno straccio di sviluppo vero, e
invece ha danaro, profitto, cemento che ha il sapore del saccheggio, non della crescita.
Non posso credere che riescano a resistere soltanto pochi individui eccezionali. Che la denuncia
sia ormai solo il compito dei pochi singoli, preti, maestri, medici, i pochi politici onesti e gruppi che
interpretano il ruolo della società civile. E il resto? Gli altri se ne stanno buoni e zitti, tramortiti dalla
paura? La paura. L'alibi maggiore. Fa sentire tutti a posto perché è in suo nome che si tutelano la
famiglia, gli affetti, la propria vita innocente, il proprio sacrosanto diritto a viverla e costruirla.
Ma non avere più paura non sarebbe difficile. Basterebbe agire, ma non da soli. La paura va a
braccetto con l'isolamento. Ogni volta che qualcuno si tira indietro crea altra paura, che crea
ancora altra paura, in un crescendo esponenziale che immobilizza, erode, lentamente manda in
rovina.
"Si può edificare la felicità del mondo sulle spalle di un unico bambino maltrattato?", domanda Ivan
Karamazov a suo fratello Aljo?a. Ma voi non volete un mondo perfetto, volete solo una vita
tranquilla e semplice, una quotidianità accettabile, il calore di una famiglia. Accontentarvi diquesto
pensate che vi metta al riparo da ansie e dolori. E forse ci riuscite, riuscite a trovare una dimensione
in cui trovate serenità. Ma a che prezzo?
Se i vostri figli dovessero nascere malati o ammalarsi, se un'altra volta dovreste rivolgervi a un
politico che in cambio di un voto vi darà un lavoro senza il quale anche i vostri piccoli sogni e
progetti finirebbero nel vuoto, quando faticherete ad ottenere un mutuo per la vostra casa mentre i
direttori delle stesse banche saranno sempre disponibili con chi comanda, quando vedrete tutto
questo forse vi renderete conto che non c'è riparo, che non esiste nessun ambito protetto, e che
l'atteggiamento che pensavate realistico e saggiamente disincantato vi ha appestato l'anima di un
risentimento e rancore che toglie ogni gusto alla vostra vita.
Perché se tutto ciò è triste la cosa ancora più triste è l'abitudine. Abituarsi che non ci sia null'altro
da fare che rassegnarsi, arrangiarsi o andare via. Chiedo alla mia terra se riesce ancora ad
immaginare di poter scegliere. Le chiedo se è in grado di compiere almeno quel primo gesto di
libertà che sta nel riuscire a pensarsi diversa, pensarsi libera. Non rassegnarsi ad accettare come
un destino naturale quel che è invece opera degli uomini.
Quegli uomini possono strapparti alla tua terra e al tuo passato, portarti via la serenità, impedirti di
trovare una casa, scriverti insulti sulle pareti del tuo paese, possono fare il deserto intorno a te. Ma
non possono estirpare quel che resta una certezza e, per questo, rimane pure una speranza. Che
non è giusto, non è per niente naturale, far sottostare un territorio al dominio della violenza e dello
sfruttamento senza limiti. E che non deve andare avanti così perché così è sempre stato. Anche
perché non è vero che tutto è sempre uguale, ma è sempre peggio.
Perché la devastazione cresce proporzionalmente con i loro affari, perché è irreversibile come la
terra una volta per tutte appestata, perché non conosce limiti. Perché là fuori si aggirano sei killer
abbrutiti e strafatti, con licenza di uccidere e non mandato, che non si fermano di fronte a nessuno.
Perché sono loro l'immagine e somiglianza di ciò che regna oggi su queste terre e di quel che le
attende domani, dopodomani, nel futuro. Bisogna trovare la forza di cambiare. Ora, o mai più.

Copyright 2008
by Roberto Saviano
Published by arrangement
of Roberto Santachiara
Literary Agency
(22 settembre 2008)

Nessun commento:

copyright

Creative Commons License
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

commenta

scarabocchiando